L’intelligenza artificiale non è fotografia. Intervista a Boris Eldagsen

In questi ultimi mesi le discussioni intorno alla fotografia sono animate da un dibattito quanto mai attuale, quello sulle sintofotografie, ossia le immagini generate da intelligenza artificiale tramite l’inserimento di un testo.

In particolare, l’evento che ha innescato questo fermento, è l’ormai arcinoto rifiuto del primo premio al Sony World Photography Award come migliore opera nella categoria “Creative”, da parte del fotografo Boris Eldegsen.

Il fotografo tedesco ha precisato di aver partecipato al concorso proprio per avviare un dibattito e per capire “se i grandi premi di fotografia sono pronti per le immagini create con l’intelligenza artificiale: non lo sono. Noi, il mondo della fotografia, abbiamo bisogno di una discussione aperta. Una discussione su cosa vogliamo considerare la fotografia e cosa no“.

La notizia ha fatto il giro del mondo e naturalmente ha diviso l’opinione pubblica. Boris Eldagsen è passato ad essere da coraggioso paladino delle sorti della fotografia, a furbo manipolatore in cerca di visibilità. Una cosa è certa: questa azione di rifiuto ha mosso le coscienze su un argomento che ha necessità di essere conosciuto, sviscerato, investigato e regolamentato.

L’immagine vincitrice si intitola “The Electrician” e raffigura, in un caldo bianco e nero di sapore vintage, due donne in una posa ambigua, una dietro l’altra, con una mano di una terza persona che appare dal basso. Nella porzione superiore dell’immagine fanno la comparsa anche dei cavi elettrici, che rendono ancora più complessa l’interpretazione. Tutta la scena è avvolta da un’atmosfera misteriosa ed inquietante.

©Boris_Eldagsen_PSEUDOMNESIA_Pt1_TheElectrician

The Electrician” fa parte di un più ampio progetto chiamato Pseudomnesia: Fake Memories, realizzata dopo un lungo processo creativo che comporta l’esecuzione di prompt testuali, elaborati poi da un sistema di intelligenza artificiale. Il lavoro è stato poi ulteriormente manipolato, utilizzando tecniche specifiche come l’inpainting, che permette di ricostruire le parti mancanti o corrotte di un’immagine, e l’outpainting, necessario per estendere lo sfondo dell’immagine.

Doveroso precisare che Boris Eldagsen lavora con la fotografia dal 1989 e si definisce un photomedia artist. Dopo due decenni di fotografia, la sua attenzione si è spostata sull’esplorazione delle possibilità creative dei generatori di immagini tramite intelligenza artificiale.

In occasione della tappa italiana del Sony World Photography Award, in programma dal 16 giugno al 3 settembre 2023 presso il Museo Diocesano di Milano, abbiamo contattato proprio il fotografo Boris Eldegsenle cui opere non saranno presenti perché estromesse dal concorso – per dare voce alle sue ragioni.

Qual è la tua personale storia della fotografia e quando si interseca con gli strumenti per la generazione di immagini attraverso l’intelligenza artificiale?
Ho iniziato a fotografare da adolescente e a 19 anni ho cominciato a interessarmene profondamente. Sono stato accolto in una scuola d’arte grazie ai miei dipinti, ma a quel tempo avevo già fotografato per due anni producendo numerose immagini in bianco e nero. Ho sempre voluto fare il pittore, ma, mentre i miei amici erano attratti dei lati più pittorici come lo spazio ed il colore, io pensavo alle linee ed al bianco e nero.

Così ho impiegato un po’ di tempo prima di essere in grado di creare immagini che soddisfacessero un’aspettativa pittorica, e per farlo sono passato dapprima alla fotografia a colori, successivamente alla fotografia notturna. Questo perché di notte avevo un maggiore controllo artistico e tutto ciò che non volevo avere nell’immagine scompariva nel nero della notte. Iniziavo la composizione di un’immagine utilizzando una fonte di luce esistente, per poi spegnerla ed aggiungerne altre artificiali, alla ricerca del palcoscenico perfetto, in attesa che qualcosa accadesse.

Il mio obiettivo non era quello di documentare ciò che accade in un certo momento e in un certo luogo, piuttosto quello di indagare come la mente umana percepisce lo scorrere del tempo. Ero veramente soddisfatto quando non si riusciva a capire dove fosse stata scattata una fotografia e cosa stesse effettivamente accadendo, così per un anno intero mi sono dedicato alla fotografia notturna.

Da oltre un anno sto lavorando con strumenti di generazione delle immagini tramite l’intelligenza artificiale (che per sintesi chiameremo AI, ndr), e sto cercando di creare immagini che non potrei creare mai con la fotografia allo scopo di costruire qualcosa di veramente diverso. Questi strumenti mi fanno lavorare in piena libertà, non ho più necessità di cercare un luogo e non serve attrezzatura fotografica, lavoro completamente con la mia immaginazione. Nel mio lavoro di artista ho sempre cercato di trasformare la realtà che avevo di fronte tramite la fotografia perciò è abbastanza logico che io ami l’AI perché non ho più bisogno di trasformare la realtà esterna.

Con la fotografia devo andare nel mondo là fuori e il più delle volte c’è una lente attraverso la quale si riflette la luce. Quindi il soggetto riflette la luce in una lente, ed io mi relaziono con il soggetto, questa è la fotografia. Viceversa con la promt-fotografia posso stare in una stanza buia, con un computer connesso ad internet, con la mia interfaccia del mio browser ed inizio un viaggio. Mi affido alla mia conoscenza della fotografia, alla mia esperienza nella creazione di immagini. E questo fa la differenza in un prompt testuale. Ho identificato 12 elementi nell’inserimento di testo per la generazione di una immagine, e 9 dei 12 sono indubbiamente riconducibili alle mie competenze di fotografo ed artista.

Fin dalle proprie origini, la fotografia ha visto continuamente evolversi la sua definizione: qual è il rapporto che intercorre tra la fotografia e quella che tu inviti a chiamare promptphotography? Quali peculiarità ricerchi nelle immagini generate dall’AI e perché è importante una distinzione tra queste due produzioni?
Ricerco la stessa qualità che vorrei avesse qualsiasi opera d’arte, ossia che abbia un certo mistero e un’apertura alla contaminazione, che parli di contrasti e abbia una giusta dose di ambiguità.

Non vado ad una mostra per chiedermi cosa l’artista voglia dirmi, per me è molto più interessante guardare un’opera d’arte e chiedermi che tipo di ricordi, idee e pensieri si attivano e perché. Una buona opera d’arte è un invito al viaggio e questo è ciò che mi aspetto da qualsiasi tipo di arte, non importa come sia stata prodotta, se dipinta, fotografata o generata da una AI.

Allo stesso modo, però, credo che sia importante distinguere tra fotografia e promptfotografia perché, a parte la fotografia documentaria, tutti i generi della fotografia possono essere riprodotti da un prompt testuale e molto presto non saremo più in grado di affermare se una tale immagine è stata fotografata o generata con l’AI.

E credo che, dato che il risultato sarà sempre di più molto simile, sia importante differenziare la produzione, il flusso di lavoro e la terminologia, e rendersi conto che entrambi hanno punti di forza e di debolezza, che ci sono cose che si possono fare in fotografia e non in promptfotografia, come ad esempio interagire con le persone oppure essere realmente presente di fronte al soggetto. E ci sono cose che sono possibili solo in promptfotografia, come farsi trasportare totalmente dalla propria immaginazione ed essere liberi da qualsiasi restrizione materiale.

Non sono la stessa cosa, è molto importante sottolineare le differenze.

©Boris_Eldagsen_PSEUDOMNESIA_Pt1_TheLeftovers

In Italia l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 1107 del 16 gennaio 2023, ha riconosciuto che un’opera creata dall’intelligenza artificiale è pur sempre compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno e non pregiudica un eventuale apporto creativo da parte dell’autore. Un pericoloso cortocircuito si innesca quando si parla di regolamentazione: da una parte le AI fanno ampio uso di immagini presenti in rete e protette da copyright, dall’altra gli artisti chiedono il riconoscimento del diritto d’autore delle proprie opere generate artificialmente. In una intervista tu accenni ad un atto di co-creazione, perciò di che natura può essere definita la creatività in questo ambito?
In tema di copyright la situazione è molto complessa. Ognuna delle grandi piattaforme ha idee diverse sul copyright e rimandano all’applicazione delle leggi locali, ma nessuna delle nostre leggi è preparata ed aggiornata per regolamentare questo argomento.

Ad esempio, se digiti semplicemente “Donald Trump viene arrestato”, che è soltanto uno dei 12 elementi di testo possibili, puoi già ottenere un’immagine, ma senza utilizzare a fondo il grande potenziale dello strumento, perché significa che gli altri 11 elementi di testo sono decisi dall’IA. In questo caso direi che il copyright è dalla parte dell’AI perché non hai fatto molto.

Ma si può lavorare con l’AI in modo diverso. Personalmente la uso intensamente, saltando tra molte piattaforme diverse per combinare i loro punti di forza, ho un flusso di lavoro molto complesso che dura fino a tre settimane per definire e perfezionare il prompt di generazione. Successivamente ci vogliono un paio di giorni per ogni immagine per migliorarla in Photoshop. Naturalmente questo processo non mi fa risparmiare tempo, ma dimostra che sono io ad avere il controllo, sono io che prendo le decisioni artistiche e l’AI è soltanto un assistente che mi aiuta ad arrivare dove voglio.

Se non avete alcuna idea della fotografia e della creazione di immagini e utilizzate l’AI ad un livello di base, sarà la stessa l’AI a prendere le decisioni al posto vostro e voi vi troverete a rincorrerla. Quindi se si tratta di copyright, dove si traccia la linea di demarcazione? Quanto sforzo è necessario perché l’uomo possa dire di aver guidato e deciso gran parte del flusso creativo e pertanto affermare di essere il proprietario del copyright?

È necessario fare luce sulle molte zone d’ombra e sviscerarne la complessità. Credo che le principali linee guida del diritto d’autore in questo ambito saranno pronte entro la fine del prossimo anno.

Ma il principale problema di copyright è che tutte le piattaforme invitano un singolo utente a caricare immagini e a generare immagini con immagini esistenti. Nessuno controlla ciò che sta accadendo in queste meccaniche, e, a mio parere, questo aspetto deve essere affrontato velocemente. Come anche devono essere affrontati i pregiudizi di tutti i modelli di AI, ed il tema delle tecnologie legate al mondo del lavoro, sia in termini rischio che di opportunità.

Nel mondo fotografico, il dibattito intorno alle AI è in una situazione di stallo, bloccato dalla paura di fotografi, critici o semplici amatori. Ciò che forse spaventa maggiormente è il fatto che le immagini generate da AI, più che assomigliare alla realtà, assomigliano a fotografie, che a loro volta assomigliano alla realtà. È palese che non sia sufficiente ottenere delle categorie separate nei concorsi per fotografie e promtfotografie: la questione è molto più complessa, e passa anche attraverso l’etica e la mancanza di senso critico di chi subisce le immagini. Qual è la tua opinione a riguardo?
Ci sono persone che temono di perdere il lavoro e di non avere un reddito in futuro, ci sono persone che temono che l’AI ucciderà l’umanità, ci sono persone che sentono che il nostro mondo sta diventando sempre più falso e che la sensibilità si sta perdendo e non può essere che l’arte, che è una caratteristica umana unica, possa essere riprodotta dalle macchine.

Come artista non ho molti timori, amo questo strumento, ed è qualcosa che ho sempre desiderato. Come cittadino sono preoccupato per la notevole disinformazione, e, avendo molti amici che vivono di fotografia, naturalmente sono dispiaciuto se la loro vita diventerà più difficile in futuro. Ma vedo anche molte potenzialità in questa nuova tecnologia, anche per i fotografi professionisti che possono fare la differenza incorporando l’AI nel flusso di lavoro: ci sono così tante opzioni per utilizzare l’AI nella preparazione di un servizio fotografico e nella postproduzione.

Il bello delle AI è che le vecchie generazione sono avvantaggiate perché hanno già esperienza e conoscenze da utilizzare per fare la differenza. Ad esempio, ho studiato per anni filosofia e se inizio una conversazione sulla realtà, posso proporre 10 o 12 idee filosofiche diverse sulla realtà, tutte in contraddizione tra loro. Quindi cos’è davvero la realtà?

Ognuno di noi vede solo una parte del mondo e soprattutto non condividiamo un’unica realtà, perché ognuno di noi vive nella propria bolla di realtà. Le fonti a cui attingono le AI non sono filtrate, sono uno specchio dell’umanità, sono qualcosa di simile all’inconscio collettivo, come lo hanno descritto i filosofi, e come tale contiene entrambi i lati, positivo e negativo, dell’uomo. E poiché è meno filtrato e la tecnologia è ancora agli albori, si generano quelle mutazioni e quelle cariche inquietanti, che personalmente trovo molto interessanti e ritengo che sia più vero che mostrare i lati troppo luminosi e felici della vita. Penso che il mondo sia sempre positivo e negativo allo stesso tempo.

Ma penso che questo cambierà, tranne che per alcuni modelli open-source di AI, ed altri modelli che usano il proprio materiale fotografico di stock. Questo dovrebbe essere realmente inquietante, e lo trovo davvero noioso. Non sto creando alcuna immagine con Adobe Firefly perché i risultati sembrano tutti fotografia di stock, preferisco creare le mie immagini su un’altra piattaforma e fare meglio l’inpainting e l’outpainting su Photoshop, che restituisce buonissimi risultati.

Apprezzo molto l’atmosfera di ambiguità delle immagini generate con AI e penso che non sia così facile ottenere tutto questo nelle fotografie, perché, come fotografo, devi avere il fegato di andare là fuori nei punti oscuri del mondo e non molti sono così disposti dal farlo.

In definitiva, quale contributo può dare la promptfotografia alla fotografia?
Da questo gennaio ho tenuto 15 workshop su questo tema e forse altrettante conferenze. Spesso incoraggio i fotografi professionisti a confrontarsi con le AI e li ho responsabilizzati, e hanno così tante conoscenze grazie alla loro vita professionale, che possono usarle per fare la differenza.

Mi è stato detto che un dilettante di talento, oggi, può creare delle buone immagini perché le AI li sta spingendo verso l’alto e il divario tra i professionisti e i dilettanti è diventato minimo, ma se anche i professionisti usano seriamente questi strumenti, possono arrivare a un livello diverso.

E qui non c’è nulla di scritto nei manuali, ma si tratta di scoprire nuovi modi di produzione, nuovi flussi di lavoro, nuovi scenari in cui è possibile combinare fotografia e AI per creare qualcosa di nuovo.

https://www.eldagsen.com/

Mirko Bonfanti